Cibreo
« … un cibreino di pernici, starne, conigli, ranocchi, lucertole ed uva paradisa… » chiedeva la Volpe all’osteria del Gambero Rosso. Ma cos’è il cibreo? È un piatto di recupero, semplice e delicato che ricopre un ruolo di rilievo nella tradizione culinaria toscana…
Un piatto della cucina povera, fatto con le rigaglie del pollo che venivano scartate quando veniva realizzato il classico arrosto. I cuochi rinascimentali, che non erano certo le celebrità di oggi ma parte del popolo, pensarono riutilizzare questi ingredienti, come anche per il Crostino Toscano, per realizzare un pietanza talmente gustosa da essere poi proposta anche a corte…
Si racconta che Caterina dei Medici ne fosse talmente ghiotta da rischiare una pericolosa indigestione e che venne portato anche in Francia ma, al contrario di altri piatti, non ebbe un gran successo. In Toscana invece attraversò i secoli accomunando le tavole signorili con quelle del volgo, permettendo anche al popolo di realizzare un piatto saporito con poco o niente…
Decantato dall’Artusi come «… un intingolo semplice, ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti», nonostante la sua prelibatezza e l’aver attraversato i secoli indenne, non ha avuto il successo di altri piatti tradizionali, forse perché con una situazione economica migliore era preferibile deliziarsi con pezzi scelti e non rigaglie, venne pertanto snobbato e quasi dimenticato…
Solo testardi cuochi tradizionalisti e trattorie storiche, baluardi della cucina tipica toscana, lo hanno mantenuto nei loro menù, per essere poi riscoperto successivamente da cuochi “innovativi” e riproposto nelle tavole amanti dei sapori particolari ed antichi…
Servito da solo o come condimento per una pasta o un risotto, è un intingolo di uova, fegatini, creste, bargigli e cuori di pollo, insomma, del maiale non si butta via nulla… ma neanche del pollo!
Immagine dal web (armadillobar.blogspot.com)